La rassegna internazionale dei “vini del ghiaccio: Eiswein e Ice wines da tutto il mondo”

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Per la prima volta a Torino, all’interno della mostra “Inuit e i popoli del ghiaccio”, una trentina di  rarissimi “Vini del ghiaccio” provenienti da tutto il mondo, noti come Ice Wines o Eisweine o Vin de glace sono stati proposti ai visitatori e al pubblico specializzato in una serie di eventi che ne hanno illustrato le caratteristiche di vinificazione e l’esaltante sapore.

Una curiosità: in occasione della rassegna internazionale, nel corso di un evento esclusivo, è stato presentato il progetto dell’Ice Wine della Comunità Montana Alta Valle Susa ideato da Donna Sommelier, vero “vino del ghiaccio olimpico” che è stato prodotto a Chiomonte, in Alta Valle Susa nelle vigne più alte del Piemonte, e vendemmiato a gennaio 2006.

La rassegna curata da Donna Sommelier Europa è stata inaugurata il primo dicembre 2005 e si è sviluppata per tutto il periodo dell’evento olimpico secondo un calendario di “Eventi” settimanali presso la settecentesca Farmacia del Museo di Scienze Naturali di Torino e ha offerto ai visitatori  le suggestioni di una tipologia di vini poco nota e assolutamente rara e  sensazioni di grande piacevolezza e varietà di gusto al palato.

Le caratteristiche aromatiche e gustative di questi vini  li  collocano nella categoria dei vini “da meditazione” o da dessert.  Si prestano, tuttavia, ad accompagnare particolari specialità quali formaggi erborinati, patè, preparazioni  delicatamente affumicate. Notevole poi la varietà di sensazioni a seconda del vitigno di provenienza, dal  Riesling renano dell’area classica e storica di produzione tedesca al Gewurztraminer  austriaco all’incrocio Vidal Blanc che così bene resiste al freddo inverno canadese.

Gli Icewines prodotti dal vitigno Chardonnay ad esempio, ben si affiancano al creme caramel o a dessert soffici, quelli a base  Merlot, con i loro sapori di fragola o frutta a bacche rosse, sono perfetti in abbinamento con i dessert ai frutti di bosco.

I Riesling Icewines si armonizzano, grazie al loro sapore di mela o pera, con i dessert ai kiwi o a base di frutta verde. 

Un vecchio detto toscano recita: “Uva novembrina non arriva in cantina”, riferendosi a quei grappoli d’uva che, non raccolti casualmente durante la vendemmia, vengono staccati e mangiati sul posto da chi li incontra durante una passeggiata novembrina tra i vigneti. In alcune zone della Germania, dell’Austria e del Canada, ma anche alcune aree del Sud-Ovest francese e delle nostre regioni del Nord, a novembre, è assolutamente normale che l’uva si trovi ancora tutta sulla pianta e che vi trascorra anche per mese di dicembre e buona parte di gennaio. L’azione del gelo disidrata il frutto e permette una concentrazione dei succhi, intensificando così gli aromi ed i profumi del vino ottenibile. Gli acini, raccolti congelati, vengono dunque pressati in condizioni di freddo estremo, con temperature che si aggirano intorno ai –10 gradi centigradi. In questo modo, la parte acquosa del frutto, costituitasi in cristalli, può essere scartata, consentendo di ottenere non più di qualche pregiatissima goccia di succo concentrato. Il risultato è quindi un mosto molto zuccherino che darà un vino particolarissimo chiamato Icewine, Eiswein o ancora Vin du glace, vale a dire “vino del ghiaccio”. In seguito il vino è lasciato ad una lenta fermentazione naturale che dura svariati mesi e che andrà ad arrestarsi naturalmente. 

Gli esperti sono concordi nel ritenere la Germania di fine ‘700 il paese natale dei vini del ghiaccio. Il clima glaciale dell’autunno del 1794 in Franconia aveva indotto alcuni produttori a vinificare i grappoli ghiacciati, anziché eliminare del tutto il prodotto a prima vista inutilizzabile.  Il clima freddo, ed apparentemente ostile alla vite, che potrebbe far pensare a vini di qualità inferiore,  riservò invece agli amanti dei vini una meravigliosa sorpresa.

Nel corso del secolo ‘800, il concetto di produzione di qualità divenne uno degli obiettivi principali dei produttori tedeschi, i quali iniziarono così a dare la giusta importanza al grado di maturazione dell’uva e al suo contenuto in zuccheri. In condizioni come queste è necessario beneficiare al massimo del sole, per questa ragione, i vigneti sono in genere piantati in colline o pendii rivolti verso sud, preferibilmente in prossimità di fiumi e corsi d’acqua in modo da beneficiare delle condizioni più miti e dei raggi del sole riflessi dall’acqua.

Tra il 1950 e il 1990, la viticoltura tedesca ha subito un profondo sviluppo, operando prevalentemente sulla diffusione e la ricollocazione dei vigneti. Sono state inoltre promulgate leggi a favore della produzione di qualità: tutto ciò colloca la Germania, ancora oggi, tra gli stati produttori dei migliori Eiswein del mondo.

Un discorso analogo può essere fatto per l’Austria. La regione del Burgenland, in particolare, è famosa per i suoi vini dolci, si veda ad esempio l’Ausbruch di Rust, da sempre paragonato al Tokay. Nella stessa zona sono prodotti diversi Eisweine derivati dalla pigiatura dei grappoli ghiacciati di vitigni Weissburgunder, Welschriesling, Muskat-Ottonel e Traminer.

Le condizioni climatiche delle regioni tedesche ed austriache, per quanto particolari, non sono sicuramente irripetibili. Alla stessa latitudine, dall’altra parte dell’oceano Atlantico, le coltivazioni di viti si sono facilmente adattate alle condizioni climatiche della penisola del Niagara, in Canada. Il microclima prodotto dalla presenza del lago Ontario fornisce inverni particolarmente freddi nei quali la temperatura scende molto sotto lo zero ed estati calde con punte massime di trenta gradi: condizioni ottimali per la maturazione del frutto.

Durante le più fredde notti d’inverno, come in Europa, si compie allora il prodigio dell’Icewine. Con l’aiuto di lampade e riflettori, decine di vendemmiatori tagliano, rigorosamente a mano, i grappoli gelati. Il succo ottenuto dalla delicata spremitura diventerà Icewine dopo una lunga fermentazione andando infine ad aggiungersi ai numerosi vini di classe prodotti in Canada.

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